A causa della pandemia da COVID-19, abbiamo dovuto fronteggiare un evento dalle conseguenze drammatiche su tutta la popolazione. Pur in modo diverso, ognuno di noi ne è stato colpito, e tutti abbiamo sperimentato il senso di isolamento e di incertezza e abbiamo dovuto ricostruire le nostre relazioni, attraverso il distanziamento, per proteggere e per proteggersi.
Per molti, il COVID-19 ha rappresentato una vera e propria sfida, sul piano fisico, soprattutto per chi è stato contagiato, e sul piano psicologico, anche per chi non è stato colpito direttamente.
Per coloro che hanno vinto la sfida, si è prospettato un graduale ritorno alla normalità, ma a volte con conseguenze a lungo termine. In alcuni casi, il perdurare dei sintomi, ha alimentato un senso di rifiuto a lasciare la propria casa, per paura di “esporsi”, anche a fronte della fine del periodo di isolamento forzato.
Questo è ciò che è stato indicato come “sindrome della capanna” di cui si è sentito parlare nei mesi scorsi, a seguito dell’allentamento delle misure di restrizione e contenimento che hanno caratterizzato tutta la prima fase.
A distanza di circa un anno, una delle conseguenze più trascurate a livello sociale è il malessere psicologico diffuso che il Covid19 ha provocato in larga parte delle persone. Del resto, la pandemia ci ha messo in contatto con la morte, ha messo in crisi il nostro senso dell’esistenza tanto da generare in alcuni casi rimozione e in altri casi la negazione; quest’ultima in grado di indurre a minimizzare il pericolo, anche con la messa in atto di comportamenti antisociali, trasgredendo alle “norme di sicurezza”.
In ogni caso, la Pandemia ha avuto un impatto significativo su differenti aspetti della vita delle persone: economica, sociale e lavorativa, mettendo a dura prova il benessere psicologico dell’intera popolazione e contribuendo ad alimentare difficoltà di adattamento, soprattutto per i contesti già fragili.
Uno degli obiettivi basilari per la Psicologia, rimane quello di investire sulla promozione della salute psicologica al fine di contrastare, con consapevolezza e competenza, la sofferenza mentale e i relativi effetti. Una scelta questa eticamente e strategicamente corretta. Del resto, favorire la resilienza in ogni individuo aiuta ad affrontare meglio le difficoltà.
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