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Pagine di Psicologia e Psicoterapia

Blog - C’è chi dice NO!

Aggiornamento: 26 feb 2022

In ambito psicoanalitico, la negazione è intesa come un meccanismo di difesa che un soggetto mette in atto per negare contenuti mentali angosciosi e inaccettabili. È nell’esperienza analitica che il rimosso emerge alla coscienza proprio a partire dalla negazione. In un articolo del 1925, Freud scrive: “Non c’è testimonianza più lampante che siamo riusciti nel nostro intento di scoprire l’inconscio del momento in cui l’analizzato reagisce alla nostra scoperta con la frase: ‘Questo non l’ho pensato’ oppure, ‘ questo non ho (mai) pensato’”.


Oggi giorno quando si parla di negazione si tende ad indicare il rifiuto, consapevole o meno, di accettare propri comportamenti, emozioni e pensieri, ma anche fatti o eventi particolari. Vengono negati perché vissuti come inaccettabili anche se la loro realtà (ovviamente) persiste anche quando chiudiamo gli occhi.

Sempre secondo Freud, la Verneinung (la negazione) subentra quando c’è qualche aspetto della realtà che troviamo insopportabile, insoddisfacente o conflittuale e, per difenderci da questo elemento che ci procurerebbe una sofferenza inaudita, mettiamo in atto un meccanismo difensivo immaturo che ci consente di negarla.


La negazione è dunque un meccanismo di difesa arcaico ed è anche uno dei primi meccanismi di difesa descritti in psicologia, quale meccanismo autoprotettivo di cui la mente umana dispone fin dagli esordi. Come sostiene Anna Freud, essa implica il rifiuto di accettare la realtà, bloccando così la consapevolezza degli eventi esterni.

Se una situazione è semplicemente troppo da gestire, la persona può rispondere rifiutandosi di percepirla o negando che esista. Questa è una difesa primitiva, ma soprattutto pericolosa: nessuno può ignorare la realtà troppo a lungo e alcuni fatti, se negati, possono comportare conseguenze molto importanti per la persona. Si pensi ad esempio quando una persona nega di avere una malattia. La negazione di malattia permette di prendere le distanze da questa realtà minacciosa e preoccupante, “un rifiuto conscio o inconscio di una parte o di tutto il significato di un evento per allontanare la paura, l’ansia o altri affetti spiacevoli” (Hackett et al. 1968).

Un paziente può arrivare a negare la diagnosi, la prognosi o la gravità della malattia. Secondo Breznitz (1983) la negazione che si attiva in risposta ad uno stimolo minaccioso per la propria salute determina un certo grado di distorsione della realtà e può riguardare diversi aspetti o parti di essa. La negazione potrebbe però compromettere l’aderenza del paziente alle prescrizioni mediche, ai farmaci, agli esami di laboratorio, ai controlli clinici e tutto ciò ha un a grande rilevanza clinica: la paura, le pressioni sociali, il senso di responsabilità ma anche la cultura di appartenenza sono tutti fattori che potrebbero essere collegati con la negazione di malattia (Phelan et al., 1992).


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